Didattica a distanza: come la vivono gli studenti? Ho deciso di chiedere direttamente a loro
“Meglio così che stare vicini ma distanziati, tutto il giorno con le mascherine in viso senza poter nemmeno fare ricreazione”;
“La Dad è dispersiva, mi rendo conto che studiando o seguendo le lezioni da casa mi distraggo di più, è più difficile concentrarsi”;
“Dipende dal docente e dalla materia, alcune materie in Dad sono più ostiche, ma mi rendo conto che questo vale per me e non per altri compagni di classe”;
“Meglio farla adesso, con la speranza che in primavera si possa tornare almeno a una parvenza di normalità in presenza”.
Ogni studente ha la sua visione, e il minimo comune denominatore è un’ombra di sconforto, la consapevolezza che al momento non esistano altre soluzioni per prevenire contagi, quarantene di classe (che inevitabilmente coinvolgono i docenti e le loro famiglie, quindi potenzialmente persone esterne all’ambiente scolastico) e ricadute sul sistema sanitario.
Covid o no, la scuola non è altro che uno specchio della società in cui questa sorge.
Una società che non è in grado di prevenire un disastro, o di programmare un percorso di uscita da un disastro non preventivabile, trova molto più facile scaricare su di essi la responsabilità delle proprie nevrosi, pontificare sulla necessità di mantenere le scuole aperte quando non ce ne sono le condizioni.
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