Coding a scuola, manca ancora qualcosa
Il continuo progresso tecnologico, sempre più accelerato, porta con sé la nascita di situazioni e problematiche nuove e imprevedibili che dovranno essere gestite per non essere lasciati indietro.
Di sicuro le generazioni prossime dovranno acquisire competenze e abilità tali da affrontare e risolvere problemi sempre nuovi, partendo dal presupposto che molti lavori di oggi erano inimmaginabili solo pochi anni fa.
Il coding, il pensiero computazionale, il pensiero creativo sono entrati nella scuola ma non sono ancora diventati strutturali. Un motivo può essere ricondotto alla tardiva “istituzionalizzazione” all’interno dei processi di apprendimento, un altro può dipendere da un possibile malinteso su cosa si intenda per coding nella prassi didattica.
Mitchel Resnick, docente del MIT e a capo del gruppo che ha creato Scratch, partendo dal presupposto che il saper leggere e scrivere fluentemente non implica che tutti diventino automaticamente uno scrittore ma è una necessità, propone un’analogia con la programmazione: “La maggior parte delle persone non diventerà un esperto di informatica o un programmatore, ma l’abilità di pensare in modo creativo, pensare schematicamente, lavorare collaborando con gli altri – … – sono cose che le persone possono usare, indipendentemente dal lavoro che fanno”.
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