Gli ostacoli alla DaD nell’opinione dei dirigenti scolastici
Il CENSIS ha condotto su un campione di 2812 dirigenti scolastici questionario somministrato in modalità CAWI sull’applicazione della didattica a distanza (DaD) nelle scuole italiane nel periodo di isolamento dovuto al Covid-19.
La fase di lockdown ha di fatto evidenziato alcune fragilità che da tempo percorrono la nostra scuola e ha sottolineato ancora una volta la necessità di investire sul sistema d’istruzione per rafforzare la lotta alla dispersione scolastica, sia implicita sia esplicita.
Anche se quasi tutti i dirigenti scolastici (l’84,2% afferma di aver fornito attrezzature hardware agli studenti) concordano sull’impegno che gli studenti con le loro famiglie hanno dimostrato nei periodi di lontananza dalla scuola e nonostante le molte iniziative e progetti didattici, il 61,1% degli intervistati ritiene che la scuola non sia culturalmente attrezzata per la didattica a distanza, anche se affermano che è stata un’esperienza comunque arricchente e stimolante poiché ha permesso agli insegnanti di applicare nuovi modi di fare didattica, e agli studenti un’occasione preziosa per sperimentare strumenti e modalità di apprendimento rinnovati.
Ci sono categorie di ragazzi più vulnerabili e con l’interruzione della didattica in presenza possono aver incontrato maggiori difficoltà a seguire le lezioni online.
Basti pensare ai 3 milioni di minori a rischio povertà o esclusione sociale e ai 1,6 milioni in condizioni di povertà assoluta. Senza dimenticare gli oltre 800.000 studenti stranieri, gli studenti disabili (259.757) e quelli con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (276.109) che risultano a loro volta essere categorie a rischio dispersione.
Il 33,8% delle famiglie non possiede né un computer né un tablet in casa e risulta che 850.000 ragazzi tra i 6 e 16 anni non hanno un device per studiare.
Un altro elemento che sembra aver rallentato l’adozione della DaD riguarda le competenze digitali possedute dagli studenti.
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