Scuole chiuse, sarebbe così grave se si promuovessero tutti?
Come si fa – in assenza di controllo fisico in presenza, con gli allievi lontani da noi insegnanti, o al massimo acquattati dietro un minuscolo schermo – ad essere sicuri che non copino, che non stiano leggendo dagli appunti durante l’interrogazione, o che quel determinato esercizio non gli sia stato risolto dal fratello maggiore, o da un genitore?

La faccenda ha un impatto comprensibilmente devastante su una scuola che da anni annega in oceani di griglie, nel tentativo, tanto nobile quanto inutile e ormai stucchevole, di misurare ogni competenza quantitativamente, numericamente e dunque, si sostiene, obiettivamente.
Sarebbe davvero uno scandalo così vergognoso promuovere tutti, sostituendo i voti con dei giudizi personalizzati, pur continuando, ostinatamente, ognuno come può e come sa, la didattica a distanza, quindi la relazione e la riflessione, ma rimandando all’anno prossimo ogni valutazione e ogni misurazione ‘obiettiva’ (come se poi davvero ce ne fosse una) e risolvendo anche la faccenda degli esami con l’abolizione di quelli della scuola media (che hanno percentuali di negatività infinitesime) e la limitazione di quelli della secondaria superiore a una semplice tesina interdisciplinare valutata dagli insegnanti interni?
Non sarà che a spaventarci è la possibilità che una didattica svincolata dai meccanismi dell’obbligatorietà e del controllo, dal messaggio pavloviano premio-punizione, che poi si consustanziano in un numero, in un debito, in un credito, quasi fosse il bilancio di un’azienda, alla fine, a epidemia passata, dia risultati relativamente migliori?
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