Sbagliando si impara, soprattutto a scuola. Alla faccia della competizione
Chiunque abbia un’esperienza di insegnamento sa che l’apprendimento, il momento in cui ai ragazzi lampeggia lo sguardo ed esclamano “Ah! Ora ho capito!”, arriva spesso proprio dopo aver riflettuto su un errore.
Come è possibile che il nostro cervello evolva anche se stiamo commettendo un errore?
Accogliendo i propri errori si impara meglio e in modo più approfondito. Non è questo anche un insegnamento di vita?
Gli errori, il superare la paura di sbagliare, vengono puniti con valutazioni negative, o nel migliore dei casi poco considerati, mentre è proprio lì dove si gioca non solo l’apprendimento, ma l’impegno e la motivazione dei ragazzi.
Si tratta di una grande occasione per gli insegnanti che – invece di essere meri ripetitori di informazioni prese dal libro o da Internet – possono diventare veri e propri allenatori dei propri studenti.
Allenatori che utilizzano la matematica, la storia, la geografia e quant’altro per insegnare ai ragazzi qualcosa di importante: il fatto che la scuola possa essere una palestra dove si impara che fallire non solo è normale, ma è parte preziosa per la loro crescita e per lo sviluppo dei propri talenti.
Ma soprattutto, così facendo, si impara che dopo ogni caduta ci si può rialzare, con l’insegnante o un compagno che ti dà una mano. Alla faccia della competizione a scuola. Una scuola che diventa un luogo ove poter imparare insieme e non uno contro l’altro per aspirare allo scomodo posto di primo della classe.
Come si può fare? Intanto cominciando a dire ai nostri allievi che sbagliare non solo è umano, ma è proprio l’essenza di come impariamo, di come crescendo diventiamo ciò che siamo.
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