Laureati italiani, ecco perché non trovate lavoro: colpa della scuola, delle imprese (e un po’ pure vostra)
Non si può pretendere di avere un’occupazione solo per il titolo di studio. Che la domanda di lavoro debba corrispondere all’offerta di laureati è pura fantasia. Le imprese evolvono adattandosi reciprocamente in un equilibrio dinamico in cui prezzi, profitti e perdite segnalano quel che funziona
“Mi sono laureato in filosofia con 110, ho fatto ogni tipo di lavoretto ma son costretto a fare il cameriere. È ingiusto che la società non mi offra un lavoro adeguato, vuol dire che l’educazione e lo studio non vengono valutati”. Affermazioni di questo tipo sono il pane quotidiano di talk-show e di ogni dibattito o servizio sullo stato dell’occupazione giovanile. I giovani – una categoria che oramai sembra essersi estesa sino a includere buona parte dei trentenni – e il lavoro vivono da tempo una relazione molto difficile, in Italia.
Il sistema di istruzione superiore insegna quel (poco e sempre uguale) che i professori appresero e non quello che il sistema economico necessiterebbe. Ecco quindi le decine di migliaia di laureati in “scienze” della comunicazione, giuridiche, politiche, commerciali, sociologiche ed umane d’ogni forma e colore. Tutti regolarmente sottoccupati ed insodisfatti.
Giudizi brutali? Brutali sono i fatti: l’istruzione superiore in Italia è tutta da rifare, dalla prima media in avanti.
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