In Italia l’ascensore sociale è fermo. E la colpa è anche dell’abbandono scolastico
Nipoti come i figli, figli come i padri. E una società senza possibilità di riscatto.
Il meccanismo è fermo. Bloccato innanzitutto dall’emergenza di avere il minimo indispensabile. Una specie di triste battaglia di posizione, laddove si vorrebbe invece guadagnare terreno e migliorare.
Chi proviene da condizioni disagiate, resta nel disagio e a malapena riesce a non regredire. Chi proviene da condizioni familiari agiate continua a occupare quello stato, senza interfacciarsi con nuovi inserimenti, senza godere di alcuna contaminazione.
C’è però un dato che svetta tra tutti: la correlazione con il livello di istruzione. Sembra essere una specie di eredità pesantissima che si tramanda di generazione in generazione, addirittura nella scelta dell’istruzione superiore o – prima – nell’abbandono scolastico. E proprio quest’ultimo fatto assume le caratteristiche di un vero e proprio “difetto sociale”, al quale lo Stato sembra fare molta fatica a porre rimedio.
Cosa significa? Due cose: che l’istruzione non è avvertita come un fattore utile e che, laddove si tratta di una scelta dovuta a condizioni di necessità, lo Stato non interviene con politiche di sostegno. O almeno non sufficienti.
L’abbandono scolastico, insomma, produce esclusione sociale, povertà e necessità di altro intervento dello Stato. Che si ritrova a dover metter mano a un welfare sempre più colabrodo.
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